Giornalismo: una guida, Proposte & Proteste

L’instabilità non può essere sempre normale

Appartengo all’ultima generazione di professionisti della comunicazione che ha avuto il privilegio (e la sfacciata fortuna) di sperimentare il naturale percorso che per decenni ha accompagnato migliaia di giornalisti dalla pratica professionale all’approdo a una posizione di lavoro stabile e pienamente tutelata.

Vivendo tuttavia in una stagione contraddistinta dalla precarietà, ho scelto di focalizzarmi sulla fase più tetra del mio percorso: vale a dire il periodo che tra il 2014 e il 2018 mi ha visto privo di occupazione e alla disperata ricerca di un nuovo inizio.

  • Appartenendo alla “vecchia scuola”, non potevo rispondere alla perdita del lavoro se non con metodi tradizionali: bussare alla porta, fermare in strada colleghi noti e meno noti, spendermi in decine di telefonate, lettere ed email, candidarmi per qualsiasi posizione disponibile.
  • Dopo un biennio di inutili tentativi ho deciso di trasferirmi in Svizzera per studiare marketing e comunicazione digitale e ricollocarmi all’estero, ma da questa avventura ho ricavato solo uno stage gratuito.
  • Al mio rientro in Italia ho inutilmente provato a candidarmi per migliaia (e non è un’iperbole) di posizioni da social media manager, scontrandomi con l’ostacolo della sproporzione tra l’età (38 anni) e l’esperienza maturata nella pozione (20 anni di giornalismo, ma ufficialmente 0 quale Social media manager). A tutto ciò vanno aggiunti la mia ostinazione a non voler accettare contratti da pochi spiccioli, e il fatto che i posti più stabili sono anche i più ambiti, e in molti casi già “prenotati” ancor prima di essere messi a concorso.
  • A inizio 2018, grazie a una buona prova concorsuale, a tantissima fortuna, e soprattutto alla straordinaria perseveranza di alcuni colleghi del Comitato idonei concorso Rai 2015, sono entrato in azienda a tempo determinato.

Come evidente, il mio è un caso tutt’altro che paradigmatico, ma mi induce ugualmente a una serie di riflessioni e – ben più importante – di proposte di riforma.

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Alcune (oziose) riflessioni

  • La ricerca di un’occupazione giornalistica dignitosa e decentemente retribuita è un lavoro in sé: può richiedere persino anni, con esiti tuttavia piuttosto deludenti.
  • Col trascorrere del tempo ho visto affermarsi la tendenza a considerare “normale” l’instabilità e la precarietà. Ma l’essere inquadrato con contratti capestro da pochi spiccioli al mese, assumendosi tutti i rischi della professione nella speranza di un futuro migliore, deve essere un’eccezione accettabile solo per brevi periodi e agli esordi di una carriera, piuttosto che una regola diffusa.
  • Il saper cavalcare l’onda della precarietà spesso diventa persino una risorsa. Ma la professione giornalistica – come ripetevano allo sfinimento i vecchi capiredattori e capiservizio – più che un’arte è un mestiere, bisognoso pertanto di ferree norme disciplinari e contrattuali. 
  • Potrei citare tante storie di colleghi che da squattrinati freelance – grazie a perseveranza e inventiva – sono divenute stelle del giornalismo nazionale, ma molte di più di colleghi che nell’attesa di un contratto dignitoso hanno speso la loro intera giovinezza, per poi cambiare mestiere, lavoro, paese, o magari restare e finire preda della precarietà.
  • L’esponenziale moltiplicarsi dei canali di reperimento di informazioni e di espressione ha fatto sì che ogni singolo individuo possa farsi fonte e destinatario stesso di informazione, con la conseguenza che il bisogno di dati accuratamente reperiti, verificati e veicolati è sempre meno avvertito come un bisogno primario.

Non è possibile né giusto limitare la libertà di espressione, ma considero urgentissime alcune misure che pubblicheremo in diversi post.

Per questa prima uscita ho scelto di focalizzarmi sulla Riforma dell’Ordine.

LEGGI ANCHE: UNA PROPOSTA DI RIFORMA DELL’ORDINE 

Nei successivi appuntamenti saranno trattati nello specifico

1) Riforma del contratto e suoi contenuti,

2) Riforma della normativa sulla stampa e sulle imprese editoriali

3) Riforma della formazione continua

di Aldo Anziano, 38 anni, giornalista di RaiNews24

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